LOGOPEDIA E APPRENDIMENTO DEL LINGUAGGIO
I DISTURBI DEL LINGUAGGIO
Analizzando l'etimologia della parola logopedia appare evidente, in παιδέια, la radice παῖς, "fanciullo", che ricorda come il più antico significato del termine sia
"l'insegnamento della parola al bambino". Si tratta, per l'appunto, dell'insieme delle sollecitazioni e degli insegnamenti che l'ambiente familiare, soprattutto la madre, impartisce al
piccolo allo scopo di educarlo nella difficile arte del parlare.
L'apprendimento del linguaggio, che avviene per imitazione, non si verificherebbe se si isolasse il bambino e non gli si rivolgesse la parola sino al 5°-6° anno d'età. Il linguaggio e la deambulazione, le due grandi conquiste nei primi tre anni di vita, procedono in parallelo: ai primi passi corrispondono anche le prime sillabe che si registrano, nello sviluppo normale, intorno ai 12-13 mesi.
Quanto più il bambino viene sollecitato fonicamente, tanto più rapida risulta l'organizzazione del suo linguaggio.
La prima logopedista è la madre, che con la sua voce carezzevole procura un godimento fisiologico all'orecchio del bambino; il piccolo, così sollecitato, tende a prolungare quanto più possibile questo piacere, che lo fa sentire tutt'uno con lei, e inizia già al 6°-7° mese la fase della lallazione e dell'ecolalia, emettendo suoni senza alcun significato e uniformando i movimenti del suo apparato fonatorio terminale sull'esempio di quello della madre; questa, baciandolo, carezzandolo, giocherellando, cambia spesso il tono della voce e gli parla frontalmente, e con grande articolazione, perché egli possa percepire chiaramente i suoni e ritrasmetterli con la stessa proprietà.
Se il piccolo si sviluppa nella norma, ha una buona ricezione acustica e vive in un ambiente gratificante e foneticamente stimolante, verso i 3 anni ha organizzato un linguaggio quasi completo. Al contrario, se il bambino non riesce a parlare all'età normale, la causa principale è quasi sempre una carenza uditiva: con un deficit superiore ai 25 decibel ci saranno, oltre a un ritardo nel linguaggio, delle imperfezioni fonetiche.
Per individuare con esattezza le cause di tali anomalie occorrono esami audiometrici, che devono essere praticati appena viene rilevato il deficit e sempre entro i primi due anni di vita. Un ritardo può produrre danni incalcolabili sia sul piano fisico (perché l'ipoacusia può aumentare), sia in campo psichico, perché il bambino crescerà con stimoli limitati in qualità e in quantità durante il periodo di sviluppo della conoscenza.
Per l'acquisizione e l'organizzazione del linguaggio, ancor più dell'intelligenza, è dunque necessario l'udito. Un bambino ipodotato dal punto di vista intellettivo, purché il suo deficit non sia grave, arriverà sempre al linguaggio fonetico, mentre sarà carente in quello semantico; le sue parole non saranno ben finalizzate al pensiero ma, se egli vive in un ambiente verbalmente stimolante, arriverà certamente a parlare.
Un bambino sordo, al contrario, anche con un'assistenza scolastica specialistica, non avrà mai un linguaggio pieno e completo; e così chi ha carenze lievi presenterà comunque delle difficoltà verbali, perché nessuno può ripetere o controllare ciò che non sente.
Con l'ingresso nella scuola materna, il bambino non ha più alcun bisogno di trattamento fonetico. A scuola non impara a parlare, cosa che sa già fare, ma apprende soprattutto a dare ordine e significato alle parole, concatenandole tra di loro perché le frasi abbiano un senso compiuto. Più che la fonetica impara la semantica.
L'insegnante, comunque, facendo leva sulla forte tendenza infantile all'imitazione, deve porsi quale 'modello ideale' nel conquistare la sua simpatia e nell'aiutarlo a perfezionare il linguaggio. Se interviene in modo spontaneo, allegro, collettivo, le sue correzioni saranno accettate di buon grado (molto più di quelle del logopedista professionale, che fa sentire il bambino diverso e inferiore ai suoi compagni). Attraverso l'ortoepia (la corretta pronuncia della lingua) e la fonostilistica (lo studio degli elementi fonici aventi una funzione espressiva, emotiva) l'insegnante ha la possibilità di intervenire con profitto sulle capacità linguistiche del bambino.
Ma quando la madre e i familiari godono delle 'graziose' storpiature del bambino, gratificandolo, e le insegnanti di scuola materna non intervengono a correggerlo, egli può acquisire difetti di pronuncia di cui, per lo più, si libera soltanto alla fine della scuola dell'obbligo.
Se l'insegnamento materno, prima, e quello della maestra della scuola materna, poi, non riescono a dare al bambino una corretta pronuncia e una buona sonorizzazione, occorre l'intervento del logopedista professionale, indispensabile per le forme più gravi.
Centro Psicologico-Logopedico Accreditato per l'infanzia,l'adolescenza e la famiglia.
Direttrice: Dott.ssa Anna La Guzza Cell.3311842704
LOGOPEDIA MILANO
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